Beda (673 - 735) è una delle figure più notevoli nella storia letteraria del primo Medioevo: non a caso Dante, nel Paradiso, lo colloca fra i sapienti, in una serie ideale che parte da Boezio, prosegue con Isidoro e si conclude con lui (X, 124-131).
Egli riveste, per l’Inghilterra di questo periodo, la stessa funzione ricoperta da Isidoro per la Spagna, e la sua influenza sulla cultura successiva è enorme; fra l’altro, si ricollega a lui la scuola di York, la cui gloriosa tradizione fu innestata tramite Alcuino nella rinascita carolingia.
Durante una vita trascorsa fra i monasteri di Wearmouth (dove era entrato a soli sette anni) e di Jarrow (dove visse ininterrottamente dal 702 fino alla morte) – una vita dedicata all’insegnamento, alla lettura e allo studio –, egli compose una quantità impressionante di opere di ogni genere, che testimoniano del suo spirito enciclopedico: opere in versi e soprattutto in prosa, di carattere religioso, scientifico-didascalico, grammaticale e storico. Ricordiamo ad esempio i numerosi scritti esegetici sulle sacre Scritture, i trattati sull’ortografia e sulla metrica, la storia degli abati dei monasteri di Wearmouth e Jarrow (Historia Abbatum), i cinque libri della Historia Ecclesiastica gentis Anglorum (una storia della cristianità in Inghilterra che, partendo dallo sbarco di Giulio Cesare, giunge fino ai suoi tempi): tutte opere notissime alla cultura medievale. Una diffusione ancora maggiore degli altri ebbero poi i suoi tre lavori a carattere scientifico-didascalico, ovvero i due trattati sul tempo De temporibus liber e De ratione temporum (che, oltre a definire criteri e metodi della cronologia, contengono anche riassunti della storia del mondo dalla creazione all’VIII secolo d.C.), e il De natura rerum (La natura delle cose). Quest’ultimo, un conciso trattato enciclopedico in cinquantuno capitoli sulla struttura e la natura dell’universo, nel raccogliere notizie di carattere storico, geografico e scientifico, ricalca nella forma l’omonima opera di Isidoro, ma con una sistematicità ed una ampiezza forse maggiori. attingendo peraltro largamente alla Storia naturale di Plinio il Vecchio.
Beda non sembra riconoscere alle lettere secolari e alle arti liberali quel valore positivo, propedeutico allo studio delle sacre Scritture, di cui invece gli autori precedenti non dubitavano: tuttavia, il diverso giudizio sulla letteratura pagana non gli impedisce di attingere largamente alla Storia naturale di Plinio il Vecchio. È vero che Beda si colloca in un contesto culturale particolarmente avanzato e caratterizzato da grande dimestichezza coi classici, come è vero che la Storia naturale era per certi versi considerato un testo scientifico del tutto estraneo ad ogni compromissione col paganesimo, ma è innegabile il fatto che, dopo Isidoro, la contiguità col mondo romano risulti di fatto imprescindibile.