In una vecchia intervista pubblicata su La Stampa Libri del 28 gennaio 2012, il giornalista Alberto Mattioli chiedeva a Jacques Le Goff:
«Di recente Nicolas Sarkozy ha usato ancora una volta l’aggettivo “medievale” nel senso di “retrivo e oscurantista”. Professor Le Goff, ha forse insegnato invano?»
E Le Goff, uno dei massimi studiosi della società occidentale del Medioevo rispondeva:
«Per me monsieur Sarkozy è di un’intollerabile volgarità sia come uomo che come politico. Basti pensare alla sua politica disgustosa verso i giovani che vengono a studiare in Francia. Non mi stupisco che usi gli aggettivi in maniera sbagliata: a parte tutto, non ha nemmeno una buona conoscenza della lingua francese».

A parziale difesa di Sarkozy – limitatamente all’uso del vocabolo “medievale” –, va detto che anche nei più diffusi dizionari è spesso evidenziato l’uso ‘spregiativo’ di questo aggettivo, qualificato come sinonimo di “retrivo”, “superato”, “retrogrado”: uso attestato peraltro anche nell’inglese, nel francese, nello spagnolo, nel tedesco.
Il fatto è che, in tutta l’Europa moderna, è diffusa una sorta di immaginario medievale fatto di stereotipi: il Medioevo rappresenta un’era turbolenta e incivile; i secoli medievali sono definiti come bui, condizionati negativamente da fattori religiosi e da intolleranza; caratterizzati da rigorismo esasperato, misoginia aberrante, mancanza di rispetto delle coscienze individuali, ecc..

Fondamentalmente, sul Medioevo pesa ancora la sostanziale condanna di merito, ereditata dall’umanesimo. Fu infatti agli inizi del XVI secolo che si cominciarono a usare espressioni preesistenti, quali media aetas o media tempestas, per indicare i secoli intercorrenti fra il tramonto della classicità e la 'rinascita' umanistica: e si trattava, evidentemente, di una denominazione in cui era implicito un giudizio negativo. Nello stesso secolo, inoltre, il concetto di “età media” come qualcosa di negativo ricevette ulteriore diffusione dalla Riforma protestante, quando si consolidò l’idea che il cristianesimo primitivo, corrotto per lunghi secoli, fosse stato ripristinato nella sua originaria purezza da Lutero e dagli altri riformatori: è del 31 ottobre 1517 – papa Leone X – l’affissione sulle porte della chiesa di Wittenberg delle famose novantacinque tesi di Lutero, che negavano sostanzialmente il valore delle indulgenze per la remissione dei peccati. Alla corruzione di lunghi secoli, prima della nuova età inaugurata dalla Riforma, ben si adattava la dominazione di “età media”, o, come si disse in seguito, “medio evo”.
In seguito, nell’Ottocento, gli studiosi di storia politica ravvisarono nei decenni compresi fra la fine del XV e la metà del XVI secolo l’insorgere di fenomeni considerati tipicamente ‘moderni’, come gli stati nazionali, la burocrazia, la presenza di valori laici nella politica; nel 1860, lo storico svizzero Jacob Burckhardt pubblicò La civiltà del Rinascimento in Italia, in cui, formulando una netta separazione fra Medioevo e Rinascimento, convalidava con argomenti di carattere estetico e psicologico la concezione secondo cui la cultura italiana del Rinascimento costituiva il modello dei valori occidentali dei secoli successivi, e ben presto tutta l’Europa finì con l’accettare il suo punto di vista.
Tutto ciò spiega perché, nella coscienza comune, l’umanesimo – e in particolare i decenni compresi fra la fine del XV e la metà del XVI secolo, più propriamente definibili come Rinascimento – sia da sempre considerato una svolta decisiva nella storia della società occidentale; e spiega anche perché la realtà culturale del Medioevo sia stata scarsamente studiata e sia scarsamente se non per niente conosciuta.
La conoscenza è per lo più dispensata esclusivamente in poche aule universitarie ed è patrimonio dei pochi addetti ai lavori; a pochi, al di là delle sale dei convegni, interessa davvero ridurre il divario esistente fra la rappresentazione per così dire scientifica di quell’epoca e lo scenario interpretativo dilagante, e i pur qualificati e meritori tentativi di contrastare luoghi comuni raramente riescono ad incidere sulla situazione esistente; per converso, taluni storici della politica e dell’economia, così come sociologi e antropologi e studiosi di storia delle religioni, hanno di fatto contribuito a far circolare un’idea negativa del Medioevo. E ci sono poi la letteratura fantasy, i format televisivi, i film, i giochi di ruolo, i video giochi: tutti cospiranti a mantenere ‘bui’ i secoli medievali, quasi che su quel loro sfondo nero possano risaltare più nitidamente le caratteristiche distintive e ideali della modernità.

Abbiamo parlato di “realtà culturale del Medioevo”. Ebbene, se è vero che la cultura – di un popolo o di un’epoca – è formata da innumerevoli elementi ideologici e materiali (costume, filosofia, etica, arte, religione, diritto, letteratura, ma anche forme di elaborazione scientifica e tecnica, sistemi organizzativi, vita quotidiana, economia, modi produzione), è innegabile come, per il passato, gli elementi non materiali possano essere fondamentalmente conosciuti attraverso lo studio dei testi, dei documenti linguistici e letterari: è la letteratura – nel significato originario del termine, ovvero tutto ciò che viene affidato alla scrittura – che ci permette di avere una visione complessiva della cultura e della società che l’ha prodotta. Ed è dunque attraverso la sua letteratura che si può ‘entrare’ nel Medioevo.

Ma cosa intendiamo per letteratura medievale? E quali sono i suoi limiti cronologici?

È oltremodo difficile stabilire quando abbia inizio il Medioevo, perché non è oggettivamente possibile tracciare linee di demarcazione fra un’epoca ed un’altra. Si potrebbe dire – ed è stato detto – che l’Antichità può considerarsi ‘chiusa’ già con Costantino (312/337), o con la morte di Teodosio (395), o con l’invasione barbarica di Alarico e la devastazione di Roma (410), o con la caduta dell’impero romano d’Occidente (476); c’è chi fa iniziare il Medioevo dal pontificato di Gregorio I (590-604); e c’è anche chi – ai due estremi – considera come linea di demarcazione la morte dell’imperatore Marco Aurelio (180), o l’incoronazione a Roma di Carlo Magno (800) con la nascita del sacro romano impero. Va da sé che ogni datazione è suffragata da validi argomenti: ma, in realtà, dovunque cada la scelta, si troveranno sempre elementi medievali preesistenti ed elementi antichi persistenti.
Per quello che attiene alla letteratura medievale, noi potremmo però fissarne approssimativamente l’inizio al momento in cui degli autori rappresentativi del loro tempo ci comunicano – ci fanno in un modo o nell’altro sapere – che essi considerano l’Antichità e l’età patristica come chiuse, e guardano a se stessi come appartenenti ad una nuova epoca, a dei tempi nuovi: e questo può constatarsi attorno ai primi decenni del VI secolo, quando peraltro in più parti del mondo latino si assiste ad una interruzione più o meno netta della produzione letteraria.
Parimenti, la fine dell’epoca potrà essere collocata al momento in cui gli scrittori prendono coscientemente le distanze dal mondo culturale medievale – nel seno del quale pure si erano formati –, sentendosi portatori di nuove forme e nuovi contenuti: e questo passaggio, che si produce nei diversi territori in momenti diversi (in Italia, con Petrarca e Boccaccio, molto prima che nei paesi d’oltralpe), lo si può considerare definitivamente compiuto alla fine del XV secolo.
Parliamo dunque di un arco di tempo lungo circa un millennio e di un numero enorme di autori, opere, capolavori dei più diversi generi letterari: vite di santi, commenti ai testi sacri, racconti di viaggi, proverbi ed enigmi, libri grammaticali, bestiari, erbari, raccolte di atti e documenti, trattazioni scientifiche che riguardano la filosofia e la teologia e il diritto e le arti e la musica, opere storiografiche, opere di narrativa, opere tecniche, poesie, favole, romanzi, poemi, opere teatrali, epistolari, autobiografie…
Queste opere, ovviamente, erano tutte in lingua latina, perché per tutto il Medioevo, in Occidente, si continuò a scrivere e a parlare in latino: un latino caratterizzato non solo da grandi differenze sincroniche, ma anche e soprattutto da diverse fasi evolutive e grandi differenze diacroniche (VI-fine VIII secolo / fine VIII-fine IX / fine IX- XI / XII / XIII / XIV-XV).

Quando parliamo di letteratura latina medievale, parliamo dunque di una letteratura che sorpassa, per consistenza, importanza e varietà, ciascuna delle letterature moderne in lingua nazionale; parliamo della più antica fra le letterature europee, e della più ricca di tradizioni.
Attraverso la sua conoscenza, si può demolire qualche immagine stereotipa del Medioevo e ridurre le distanze fra realtà e immaginario; si può comprendere quanto a fondo quell’epoca abbia indirizzato e segnato la storia intellettuale dell’Occidente; e si può infine evidenziare il filo ininterrotto che lega culturalmente la classicità greco-romana e la tradizione giudaico-cristiana alla civiltà bizantina, a quella cristiano-ortodossa e a quella islamica, fino ad arrivare a quell’amalgama che connota la nostra civiltà occidentale.
Quando si pensa, ad esempio, all’enciclopedismo, o al teatro, o alle varie forme di poesia, o alla filologia, o alla medicina, o alla presenza del femminile nella letteratura, la mente è portata a rivolgersi immediatamente alla modernità, oppure, in alcuni casi, al mondo antico.
In effetti, il genere letterario dell’enciclopedia è un genere moderno, che, come è noto, ha avuto il suo momento fondante e innovativo nel Settecento con la grande Encyclopédie di Diderot e D’Alembert; il teatro evoca prevalentemente le antiche rappresentazioni greche e in misura minore quelle romane, o al massimo, per i suoi legami con la classicità, la rinascita teatrale nel Rinascimento; per quanto concerne la medicina, è abbastanza noto il nome del medico greco Ippocrate, si sa qualcosa della medicina rinascimentale, si è in grado di collegare alcune scoperte al periodo della rivoluzione industriale con l’impulso dato alla scienza; i numerosi generi poetici, che trovano le loro origini nel mondo antico, sembrano assumere contorni più definiti solo nel Rinascimento; la nascita della filologia è comunemente collocata nel periodo umanistico, quando il mestiere del filologo si chiarisce sempre più come specializzazione tecnica, prende l’avvio l’elaborazione di un metodo e nasce il proposito di costruire metodi di indagine sempre più sicuri; la tradizione letteraria femminile pare iniziare solo nell’Ottocento.
Ma non è così: perché per nessuna di queste forme culturali il Medioevo rappresenta un periodo ‘buio’ fra il tramonto della classicità e la ‘rinascita’ umanistica, ma anzi è proprio nel Medioevo che va ritrovato il loro fertile terreno di coltura.

Non va infine tralasciata l’importanza che la letteratura latina medievale riveste se si vogliono comprendere a fondo le diverse letterature nazionali: se, infatti, la letteratura moderna dell’Occidente nasce nel tardo Medioevo, quando le letterature dei diversi paesi d’Europa iniziano ad esprimersi nelle rispettive lingue volgari, è del tutto fuorviante sottovalutare, o peggio ignorare, gli stretti legami delle letterature nazionali con le contemporanee e antecedenti produzioni latine.
La letteratura italiana, ad esempio, ha inizio nella prima metà del XIII secolo, ma affonda necessariamente le sue radici nei lunghi secoli precedenti di produzione letteraria in latino; un latino che peraltro – come anche Dante dimostra – continua ad essere felicemente usato.